Dott. Paolo Cristoforoni

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Prolasso genitale

Si stima che circa la metà delle donne che hanno partorito abbiano un grado apprezzabile di prolasso genitale, e che circa un quarto di loro siano sintomatiche.

I sintomi possono variare dal senso di peso e di tensione, specie alla sera dopo prolungati periodi in piedi, al dolore pelvico, all’incontinenza, alla difficoltà di svuotamento vescicale o intestinale, all’incrementata frequenza di cistiti.

Nella normale anatomia femminile la vagina è immediatamente davanti al retto e dietro alla vescica. All’apice della vagina è situato l’utero, che in questa si affaccia mediante la sua porzione più caudale, chiamata cervice uterina.

L’utero è ancorato ai tessuti ed alle ossa del bacino tramite un complesso sistema di legamenti e fasce. Il retto e la vescica sono separati dalla vagina da uno spesso strato di muscolo e tessuto connettivo.

Durante il parto il canale vaginale, i legamenti uterini e le fasce pelviche si distendono notevolmente; nei mesi successivi al parto recuperano gradualmente la loro anatomia, ma non tornano più ad essere compatti e tonici come prima del parto. Gli ormoni femminili (gli estrogeni, in primis) contribuiscono notevolmente al mantenimento del trofismo e della elasticità del pavimento pelvico; al momento della menopausa questo supporto viene a mancare e i tessuti si indeboliscono e rilassano progressivamente. Ne deriva un frequente repentino peggioramento anatomico e sintomatico del prolasso, e talvolta il suo vero e proprio iniziale riscontro.

La cervice uterina (o talvolta la parete vaginale anteriore, cistocele o quella posteriore, colpocele posteriore con o senza entero rettocele) scende al livello o addirittura supera l’introito vaginale e la donna lo percepisce lavandosi o toccandosi.

La diagnosi viene confermata con una semplice visita ginecologica, e in quella occasione si definisce precisamente la natura del prolasso e la sua “gravità”, utilizzando una scala standardizzata denominata “Half Way System” (HWS).

Il trattamento del prolasso va dal nulla (semplice osservazione ad attesa, idealmente adottando comportamenti virtuosi quale la ginnastica perineale, la perdita di peso corporeo, la regolarizzazione dell’alvo intestinale) ai diversi trattamenti chirurgici (che possono andare dalle semplici “plastiche” vaginali con la ricostruzione delle singole porzioni fasciali più compromesse alla colpoisterectomia agi interventi più complessi, vaginali o laparoscopici, comprendenti l’impiego di protesi), al posizionamento di dispositivi vaginali di silicone (chiamati pessari) nelle persone intensamente sintomatiche e presentanti controindicazioni al trattamento chirurgico.

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